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Seconda lettera ai Corinzi
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(Testo CEI2008)

11
Paolo e i falsi apostoli

Se soltanto poteste sopportare un po' di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta. Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo. Infatti, se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo. Ora, io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi superapostoli! E se anche sono un profano nell'arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a voi.
O forse commisi una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunciato gratuitamente il vangelo di Dio? Ho impoverito altre Chiese accettando il necessario per vivere, allo scopo di servire voi. E, trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato di peso ad alcuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire. Cristo mi è testimone: nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acaia!
Perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio! Lo faccio invece, e lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che cercano un pretesto per apparire come noi in quello di cui si vantano. Questi tali sono falsi apostoli, lavoratori fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché anche Satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere.

Le sofferenze dell'apostolo Paolo

Lo dico di nuovo: nessuno mi consideri un pazzo. Se no, ritenetemi pure come un pazzo, perché anch'io possa vantarmi un poco. Quello che dico, però, non lo dico secondo il Signore, ma come da stolto, nella fiducia che ho di potermi vantare. Dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch'io. Infatti voi, che pure siete saggi, sopportate facilmente gli stolti. In realtà sopportate chi vi rende schiavi, chi vi divora, chi vi deruba, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia. Lo dico con vergogna, come se fossimo stati deboli!
Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi - lo dico da stolto - oso vantarmi anch'io. Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato giù in una cesta, lungo il muro, e sfuggii dalle sue mani.

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